— Studio Legale — Porci & Cane

Un blog di professionisti seri.

Tag: licenziamento

Lavoro invio con errore.

Scusate se nell’ultimo periodo non abbiamo più scritto molto, ma ci è stato detto che i blog fighi sono quelli dove non si scrive proprio nulla per diverse settimane, anche mesi. E così ci siamo adeguati.

Il fatto è che ultimamente sono parecchio nervoso e non riesco a concentrarmi bene. Qualunque cosa per un motivo o per un altro riesce ad infastidirmi e a mettermi di cattivo umore.
Il rapporto di “invio con errore” di un fax, per esempio, un semaforo rosso la mattina, le cosce color latte irregolarmente arrossate di una turista americana sul Lungotevere, un avvocato in fila per la cancelleria con la cravatta sbagliata, una telefonata di mia madre. E poi, questa cazzo di Primavera… avete mai passeggiato verso le cinque del pomeriggio a Roma quando sboccia la primavera? È pieno di coppie di adolescenti con l’Eastpack che si baciano in strada, che si mettono le mani nelle tasche posteriori dei jeans, senza ritegno. Ieri mentre andavo in vespa da un cliente ne ho contate sette. Sette!
Tutta questa roba mi contraria ed il fax, a dire il vero, mi fa anche imprecare, ma non c’è niente, niente che mi dà ai nervi come il non aver concluso un cazzo in Tribunale dopo un’intera mattinata passata in giro a “sbrigare adempimenti” perché la segretaria è in maternità.
Gli adempimenti in Tribunale sono semplicemente dequalificanti, sono merda, e se ne dovrebbe occupare una matricola iscritta al primo anno di Scienze della Comunicazione, non un avvocato.
Ma poi ma che ti dice la testa per mettere al mondo un cristiano al giorno d’oggi dico io! Ti sembra che la congiuntura sia quella giusta?! Sveglia bella, il Paese è in recessione!

Più tardi, rientrato a Studio da una di queste mattinate produttive, stavo per aggredire verbalmente il portiere dello stabile che aveva suonato alla porta con due scampanellate, a mio giudizio, troppo ravvicinate l’una all’altra. Poi quando gli ho tolto di mano la posta e tra tre/quattro cartoline di ricevimento, una velina con lo scioglimento di una riserva e la pubblicità del Trony ho trovato anche il numero di marzo-aprile della rivista Io Giardinaggio della moglie di Pierpaolo davvero non ci ho visto più. Non ci ho visto più!

– Ma sì! Piantiamo ora le bulbose estive! – ho iniziato ad urlare dall’ingresso senza neanche ringraziare il portiere.
Massimiliaaano? A te interessa l’articolo Tutto sul compost! per caso?! Come dici? No?!
A grandi passi sono entrato nella stanza di Pierpaolo.
Dai Lele…su.
– Dai Lele il cazzo Pierpà! Sono tre anni che riceviamo bimestralmente Io Giardinaggio di tua moglie!
– Eh mo…tre anni…
– Tre anni. In tutto fanno 18 numeri Pierpà. Diciotto, fottutissimi, numeri di giardini dimmerda!
– Evvabè, allora? Qual è il problema?
– Ah mi chiedi qual è il problema?
– Sì, qual è il problema.
– Gli altri condomini penseranno che a Studio abbiamo una serra del cazzo Pierpà! Ecco qual è il problema! La vogliamo fare finita?! Quante volte ti ho detto che dovevi cambiare la domiciliazione? Quante?!
– …
– A novembre mi avevi assicurato che era l’ultimo. “Te lo prometto Lele!” hai detto. E ora? Checcazzo è questo?! – gli sbatto marzo-aprile sulla scrivania – CHECCAZZO E’ QUESTO?
– Un…ranunculus. Un fiore proveniente dall’Asia, mi pare.
– Pierpaolo, ti prego, non mi fare incazzare.

Avv. Raffaele Cane

“C’è del marcio a Corso Francia”.

“Something is rotten in the state of Denmark” è la battuta che rende celebre il personaggio di Marcellus, sentinella del castello di Elsinore, nell’Amleto di Shakespeare. Dove rotten sta per marcio e Denmark sta per… ok, Danimarca. Ma il punto è che… in Amleto alla fine si trattava solo di un fantasma con le sembianze del vecchio Re defunto ed un sacco di spade avvelenate. Qui c’è qualcosa di molto più grosso, di molto più marcio.
La scorsa settimana a Roma un autista in servizio della TPL, società che gestisce alcune linee per l’Atac, ha fermato l’autobus di cui era alla guida in mezzo alla strada (o forse avrà “accostato”, per quanto sia possibile accostare un autobus in doppia fila a Roma alle 10 di mattina), ha aperto le porte, è sceso, ha attraversato schivando alcune auto ed ha prelevato al bancomat.

Ebbene sì, ha prelevato al bancomat.
Dopo qualche minuto, con tutta tranquillità e sotto gli occhi di tutti i passeggeri increduli, è risalito sul suo autobus, ha messo in moto ed è ripartito.
Aveva bisogno di contante? Aveva bisogno di contante sull’autobus?! A che minchia ti serve il contante sull’autobus?! Senza rendersi conto che così facendo stava commettendo un reato chiamato interruzione di servizio pubblico, perseguibile ai sensi dell’art. 340 del codice penale fino ad 1 anno di reclusione. Robetta. Tanto fino a due ti becchi la condizionale e al gabbio ci va Jamal.
Il tutto è stato puntualmente filmato e documentato da un lettore di repubblica.it (un compagno spione con lo smartphone) che non ha mancato di inviare il reportage alla redazione del giornale ed ora pare che l’autista dovrà essere ascoltato dall’azienda, che valuterà se licenziarlo o meno, non prima di aver sentito le sue giustificazioni però (“Ho avuto un bisogno compulsivo di prelevare Capo.”).

E oggi ho ascoltato distrattamente un avvocato affermare camminando che in questo Paese la giustizia è sempre dalla parte di chi non paga (giusto) e bestemmiare – sempre camminando, ma un po’ più vigorosamente – per la sfortuna che proprio oggi era incappato nel giudice che sta dalla parte di chi ha diritto. Roba da matti, direbbe il buon vecchio Mike.
Più tardi, in cancelleria, ne ho sentito un altro fare serio al collega mentre ascoltava in sottofondo alla radio Last Friday Night: “Vorrei essere in un video di Katy Perry. – Poi ci ha pensato su un attimo ed ha aggiunto – Anzi, vorrei essere Katy Perry!”.
Ho visto un signore distinto sulla quarantina in un completo blu scuro e scarpe da barca Lumberjack ai piedi con calze verde marcio. Una cancelliera grassa alla IV mobiliare mi ha fatto l’occhiolino dopo un deposito. Ed io ora sto chattando con una minorenne su Whatsapp. Una minorenne, capite?
Voglio dire, non c’è davvero bisogno di arrivare a parlare del Premier.

Avv. R. Cane