Lepanto Love
Non so perché ma ho sempre avuto la convinzione che nella metro non si possa rintracciare l’amore.
La velocità, la confusione e quell’odore intenso d’urina nelle ore di punta mi hanno sempre portato a pensare in questo modo. Almeno sino ad oggi.
Sono le 10.20, finisco di ritirare della documentazione per una storia di un cliente moldavo che dopo essersi visto bruciare la casa, senza buttarsi giù, ha pensato bene di farsi una roulotte ed aprire – dove prima c’era la casa – una concessionaria di macchine usate all’aperto, all’americana, in quel di Borgata Finocchio (RM), con tanto di bandierine e catenelle.
Tuttavia – dato che questo è un paese che (pare) voglia uccidere la sana e libera imprenditoria (cit. avv. P. Cane durante il primo appuntamento conoscitivo) – gli hanno imputato una roba come 70.000,00 Euro di Irap e tasse affini. E le nostre contestazioni, in prima battuta, pare si fondino su un asserito difetto di notifica dovuto alla circostanza che la cassetta della posta del Moldavo -pure essa- aveva preso fuoco.
L’inverno del diritto.
Ciò detto, entro in metro, metto i soldi nella macchina stampa biglietti e passo i tornelli. Mi siedo, riparto a leggere pag. 47 de “Il visconte dimezzato”, che da ieri sera mi ha preso un sacco e, neanche finito di leggere un periodo, ecco che ti arriva la metro. Ed ecco che ti arriva Lei: la mia “Lepanto Love”.
Il momento è delicato perché, davvero, non è una passeggiata descriverla. Infatti, neanche mi ricordo bene i contorni del suo viso, ma so che nessuno, a parte Lei, è in grado maneggiare un decreto ingiuntivo in modo così aggraziato.
L’avevo conosciuta alle notifiche ordinarie – amica di un mio amico – e già quella volta mi aveva mostrato un sorriso che, alle 7.50 di mattina, forse nessuno a questo mondo si merita.
Questa volta poi si supera. Mi guarda, capisce chi sono e mi sorride di nuovo. Quel sorriso che ti porta a volerLe prendere la mano e correre per i prati, intagliare il legno e riscoprire i benefici ortopedici della sedia a dondolo. Preso quindi dall’euforia di quel sorriso, non ci capisco niente e la bacio. Incredibilmente Lei ricambia, mi fruga il pene e dice che sono speciale.
O almeno così mi sarebbe piaciuto.
Dato che, in ordine, la abbraccio, lei mi guarda tra lo schifato e l’impaurito, e inarcandosi all’indietro, mi scivola via. Poi si aprono le porte della metro, Stazione Lepanto e Lei crudele va via, senza neanche guardarsi indietro. Scende un silenzio sordo.
Poi rotto da una zingaro con l’armonica in mano che mi dice: – “vergogna”.
Come se non bastasse, arrivo a studio e dopo che racconto il tutto a Pierpaolo, Lui sentenzia:
– E’ la classica Tour Eiffel, non ti preoccupare.
– ?
– Sei mai stato sulla Tour Eiffel?
– Sì. Ma mi rimane oscuro il rimando.
– Certe donne sono bellissime a vedersi, ma solo da fuori. Finché non riesci ad averle ti attacchi alla loro immagine. Ti portano a idolatrarle e quando gli vai sotto, proprio come accade con la Tour Eiffel, ti viene subito voglia di entrarci. Tuttavia, quando poi “ci entri dentro” capisci che non è niente di chè. Quelle sono così, belle a vedersi, ma non vale la pena che ti butti giù.
– Pierpaolo è la cosa più brutta che mi potessi dire.
– Vabbè dammi i documenti del moldavo che ho sentito dire che le cartelle esattoriali, se te le notificano per posta, sono inesistenti.
– E come te le dovrebbero notificare?
– Non mi pare di averti chiesto di pensare.
– Vero.
“A volte ho la sensazione di essere solo al mondo. Altre volte ne sono sicuro. (cit.)”
Il Praticante #1